Mario, il mio papà,
se ne è andato in silenzio, come aveva vissuto, 28 anni fa e anche se la sua vita è stata breve, ha tracciato una strada sulla quale continuiamo a camminare saldamente,
grazie ai suoi insegnamenti.
La sua vita è stata sì breve, ma molto intensa.
Giovanissimo, baldo e fiero alpino, dovette partire per la guerra, preso
prigioniero trascorse quasi due anni nelle miniere di carbone della Westfalia, dove fu liberato dagli americani . Orfano di madre in
giovane età, aveva nella religione e nella famiglia i capisaldi della sua vita.
Uomo di poche parole e di grandi silenzi, sposo e padre
tenerissimo, uomo di grande rigore
morale e di enorme fede ha saputo indirizzarmi sulla strada della vita
inculcandomi quei valori di onestà, rettitudine e semplicità che ancora oggi sono
i pilastri su cui si fonda il mio cammino e che a mia volta ho cercato di
trasmettere ai miei figli.
Mio padre nel suo genere era un artista; accanto al lavoro
di capostazione che ci dava da vivere, coltivava le sue grandi passioni, sempre
rigorosamente a contatto con la natura: appassionato cercatore di funghi (era
rimasta famosa la volta in cui trovò in poco più di mezza giornata un gerlo di
funghi), di cui conosceva tutte le specie, ma raccoglieva e mangiava rigorosamente solo porcini: “mi ai mangi mia” (1)
rispondeva lapidario a chi gli chiedeva consiglio sulla cottura di altri funghi
commestibili. Ricordo con tenerezza il
rito della pulizia dei funghi, che ci coinvolgeva tutti: mamma doveva preparare il tagliere e le
cassette per l’essicazione, lui dava il filo al suo coltellino “messer” come lo
chiamava , in ricordo dei giorni passati
in Germania, noi bambini gli porgevamo i
funghi e lui con delicatezza , come trattasse la cosa più preziosa al mondo, cominciava
a pulirli con la pezzuolina bagnata e ad
affettarli per poi deporli nelle cassette di legno, senza dimenticare ogni
volta di ricordarci che “la prima pulizia và fatta nel bosco, bambini, così la
semenza rimane lì, pronta a darci l’anno prossimo altri funghi, non come quelli
che vanno nel bosco e i stropan si anca
i radiisc”(2).
Le sue uscite
nei boschi non erano mai
infruttuose, quando non c’erano i funghi c’erano le fragole, i mirtilli, i
dolci lamponi, i fiori di tiglio per preparare le tisane, le gemme di pino per
fare lo sciroppo per la tosse, la radice di genziana per il digestivo migliore
del mondo anche se “gram cume ul toscich”(3),i rami di nocciolo, flessibili e
adatti a intrecciare i cesti, pezzi di legno da bruciare in inverno, insomma
ritornava sempre con qualcosa tra le mani.
Altra sua passione era l’orto che coltivava con amore e
competenza…..dalla vangatura alla semina, dall’ eradicazione delle
erbacce alla raccolta tutto era svolto da lui con meticolosa perizia, e ricordo
la sua gioia quando il raccolto era abbondante ed il suo rammarico, invece, quando
una grandinata o una brutta stagione
rovinava il raccolto “quant teemp bitù via”(4).
Negli ultimi anni della sua vita si riscoprì abile artigiano
ed ecco dalle sua mani uscire gerlini, cestini piccoli
e grandi, gerloni per il fieno, rastrelli,…… gli oggetti in miniatura poi
venivano tutti sistemati sopra una grossa corteccia, che diventava una piccola
mostra degli oggetti di uso quotidiano nella civiltà contadina.
Zio tenerissimo di una miriade di nipoti (alla nostra tavola
non mancava mai qualche nipotino “invitato speciale” ), nel momento in cui la
vita gli permise di coronare il suo grande sogno di diventare nonno, di una
bimba, come lui desiderava ardentemente, insorsero i primi segni della
malattia che in poco tempo lo consumò.
Quanti anni sono passati…..dicono che il tempo mitiga il
dolore, non è vero, secondo me lo
trasforma….da rabbia cieca contro tutto e contro tutti a struggente nostalgia,
quella che provo osservando certe sue espressioni in mio fratello, o quando
nell’orto lo rivedo in Angelo chino a strappare le erbacce, o in baita quando penso a
come sarebbe stato felice ad averne una tutta sua.
Da tanti piccoli segni sò che mi è vicino, ma soprattutto è
vicino ai suoi nipoti, all’unica che ha conosciuto in terra e agli altri che ha
conosciuto dal cielo, so che ogni giorno, dal bosco incantato in cui il Signore
sicuramente gli ha permesso di stare, segue con occhi attenti i nostri passi, una mano posata sulle nostre
spalle, continuando così a vivere in noi.
AUGURI PAPA'
Traduzione dal dialetto:
(1) Io non li magio.
(2) non come quelli che vanno nel bosco e strappano anche le radici
(3) amaro come il veleno
(4) quanto tempo buttato
Alcuni dei suoi lavori